Acqua, malto, luppolo e lievito: questi sono gli ingredienti necessari che trasformati e lavorati con modalità e tempistiche ad hoc danno vita ad una delle nostre bevande preferite: la birra.
Quando il Birrificio Settimo di Carnago – in provincia di Varese – ci ha proposto una visita guidata ed una degustazione delle loro birre artigianali, non ce lo siamo fatte ripetere due volte.
Così, mercoledì 9 settembre, abbiamo avuto la possibilità di scoprire dettagli e curiosità sulla produzione di questo tanto amato oro liquido.
Arrivate, siamo state accolte da Nicola, alla guida del Birrificio dal 2010, anno nel quale è cominciato il progetto ‘’Settimo’’: precedentemente infatti il Birrificio era conosciuto con un altro nome.
La nostra visita è dunque cominciata nel laboratorio di produzione ed in particolare nel cuore del birrificio, nel quale si produce il mosto attraverso alcune fasi principali.

Il primo approccio sensoriale della visita ha riguardato la manipolazione del luppolo: esso è una pianta rampicante formata da coni simili alle pigne, ricche di resine aromatiche di varietà differenti.
All’olfatto risulta avere dei toni quasi‘’erbacei’’. Diversamente rispetto a quanto credevamo, la birra è formata all’80% da acqua ed il luppolo ha bisogno di temperature calde per sviluppare le resine.
Ci siamo sempre chieste come le birre potessero avere dei toni agrumati, floreali ed esotici e Nicola ci ha spiegato che è proprio il luppolo a conferire questi sentori. Per quanto riguarda invece quelli biscottati ed al miele, sono da attribuire al malto. I toni che ricordano la frutta matura, l’ananas, la banana e la pera derivano dalla presenza del lievito. Voi lo sapevate?
Una delle fasi iniziali che subisce il malto è chiamata ammostamento: esso viene miscelato per un’ora circa a 90° di temperatura in acqua trattata. L’acqua così si arricchisce del colore del malto grazie alla tostatura.

Successivamente in un altro tino avviene la fase della filtrazione, che toglie grossolanamente la parte solida del malto: le trebbie. Questi scarti non vengono gettati, ma vengono donati dal Birrificio a terzi che ne producono pane a basso contenuto di glutine o mangimi per gli animali: obiettivo primo dell’azienda quindi è evitare al massimo gli sprechi, ottimizzando al meglio gli scarti ottenuti dalla produzione.

Il mosto pulito dunque ritorna nel tino nel quale è avvenuta la prima fase e subisce la luppolatura, momento nel quale vi si aggiunge il luppolo, ad una temperatura variabile tra i 60 ed il 75°. Questo è un processo molto delicato, poiché a seconda della ricetta la temperatura fa in modo che il sapore finale cambi.
Solitamente vengono utilizzati dai 2 ai 10 luppoli per ottenere un bouquet specifico legato alle specificità di ogni birra.
Poi, vi è un’altra filtrazione: il radiatore a lamella fa raffreddare il mosto ottenuto; in seguito, attraverso dei condotti avviene la fermentazione ad opera del lievito.

E’ in questa fase finale quindi che viene aggiunto.Il Birrificio possiede uno spazio fermentativo di circa 12000 litri ed ogni birra prima di essere confezionata necessita circa 30 giorni di permanenza nei fermentatori.
Ed è proprio spillando da questi che abbiamo assaggiato due varietà differenti di birra.
1° assaggio: Tripel
Ha una base di tre malti (Pils, caramello e frumento), è una birra a gasatura naturale, ha toni speziati e sciroppati. Ha una gradazione di 8.5° e necessita di molto tempo per la fermentazione.

2° assaggio: Birra alle castagne
E’ realizzata con castagne autoctone, ovvero quelle del Campo dei Fiori. A differenza di quella precedente ha una gasatura non naturale ma forzata, che avviene aggiungendo altra anidride carbonica. Rimane al palato più fresca della Tripel e per delle amanti delle castagne come noi, è un vero invito a nozze.

Trascorso il tempo della fermentazione, nel caso di birre non gasate forzatamente si passa al miscelatore per una ulteriore rifermentazione e poi al confezionamento.
L’imbottigliatrice in seguito inserirà anidride carbonica ed imbottiglierà la birra con una pressione leggermente inferiore a quella della birra stessa. Fase finale sarà quella dell’etichettatura, che qui avviene in maniera del tutto artigianale.

Nulla viene lasciato al caso: Nicola ci rammenta che l’elemento fondamentale per la produzione della birra è mantenere sempre le attrezzature e gli strumenti da lavoro igienizzati e sanificati. Se è vero che i lieviti presenti nella birra sono a tutti gli effetti organismi viventi, è pur vero che la presenza di batteri non necessari alla sua produzione potrebbe essere dannoso poiché manderebbe a monte l’intera produzione di migliaia di litri di birra!
Finito il giro nel cuore della Birreria, abbiamo proseguito la visita al ristorante con la degustazione.
Il Birrificio infatti comprende anche un ristorante con giardino affacciato sul Monte Rosa ed arredato in stile altoatesino nel quale è possibile degustare piatti tipici accompagnati dalle birre artigianali. L’arredamento ricorda quello di un locale di montagna, con tavoli e sedie in legno e curato nei dettagli.

Abbiamo assaggiato tre tipi differenti di birra:
1 – una Blanche, chiara, leggera ed agrumata, con una gradazione alcolica non troppo elevata.
2 – una Lager color oro, a bassa gradazione alcolica, dissetante.
3 – la birra alle castagne, leggermente amara e profumata d’autunno.
Il tutto corredato da degli stuzzichini deliziosi, tra cui degli assaggi di pizza (margherita, mortadella e pistacchio) che ci hanno solleticato l’appetito.

Potevamo dunque rinunciare a provare la loro cucina? Assolutamente no!
Avendo già degustato ampiamente birre ed antipasto, abbiamo optato per due primi tipici della tradizione Trentina, ovviamente accompagnati da una Tripel artigianale.
I canederli con burro salato di Normandia e trentingrana, presentati in maniera accattivante, gustosi e saporiti, ci hanno trasportato direttamente in Tirolo.

Gli spätzle di spinaci con speck e crema di trentingrana ci hanno poi conquistate: la croccantezza dello speck unita alla dolcezza di questo formaggio di montagna DOP che non avevamo mai assaggiato ha creato un mélange piacevole al palato.

Per concludere in bellezza poi, abbiamo assaggiato il Birramisù totalmente casalingo, preparato con uno zabaione aromatizzato alla birra: ci è subito venuta voglia di replicarlo quanto prima nella nostra cucina!

La visita al Birrificio Settimo ci ha permesso non solo di scoprire una piccola realtà meritevole del nostro territorio, gestita con passione e competenza, ma anche di capire a fondo quanto sia complesso ed articolato il processo di produzione della birra: da soli quattro ingredienti principali si riesce ad avere una bevanda capace di catapultarti dal nord Europa grazie ai sapori più decisi, alle spiagge caraibiche con quelli esotici.